WEBZINE

VIAGGIO NEL MONDO DEI MOSTRI parte uno I FANTASMI

Iniziamo parlando ancora una volta dell’antagonista, ebbene sì, ancora lui!
Come sappiamo l’antagonista incarna le paure peggiori del protagonista. In altre parole, il lato-ombra del nostro protagonista si cela dietro le fattezze dell’antagonista.
In questa serie di post intitolati Viaggio nel mondo dei mostri esploreremo le funzioni dei più temibili cattivi delle storie, quali fantasmi, vampiri, creature mostruose, passando per Mr. Hyde, IT e Freddy Krueger vari.

I FANTASMI
L’incontro con il fantasma è l’incontro con tutto ciò che il protagonista ha sempre tentato di rimuovere ma che è invece una presenza costante anche se (all’apparenza) inavvertita nella sua vita, capace di minarne l’equilibrio.
Incontrare i fantasmi equivale a fare i conti con l’ambiguità di ciò che è possibile definire “concepibile”: ciò che non è ma che potrebbe anche esistere. Ed effettivamente esiste. Perché il fantasma rappresenta il rimosso, ovvero qualcosa di talmente doloroso e terribile da accettare e che tuttavia è accaduto.
Può essere una rivelazione legata ad aspetti della personalità, un’azione che ha portato a conseguenze catastrofiche, un evento subito che ha minato la fiducia del protagonista, un lato di sé che non si accetta e che si proietta all’esterno.
Il fantasma è il topoi per eccellenza delle storie horror, e il genere horror altro non è che il modo di sondare gli abissi dell’animo umano e rappresentare le proprie paure, sublimandole.

Consigli di lettura:

Il giro di vite di Henry James

E per riflettere sull’importanza del topoi di genere e sulle possibilità infinite che nascono dal saperli padroneggiare:
Il fantasma di Canterville di Oscar Wilde

Se ti piace, condividilo! 😉

L’ANTAGONISTA PARTE DUE: «soltanto alla luce del bene, il male trova una possibilità di essere detto»

I PILASTRI DELLO STORYTELLING
L’ANTAGONISTA PARTE DUE: <<soltanto alla luce del bene, il male trova una possibilità di essere detto>>

Nelle storie ci sono due possibilità di creare l’antagonista:

a) l’antagonista che rappresenta il male allo stato puro, la cui tensione è unicamente rivolta al possesso e alla distruzione.
Ne è un esempio Sauron ne “Il Signore degli Anelli”. Un grande occhio è la veste fisica in cui appare l’Oscuro Signore, ciò a cui anela è l’ anello che ha perduto, “l’anello del potere”, forgiato da egli stesso per controllare ogni cosa.

b) l’antagonista che non è totalmente malvagio. Esistono cattivi che hanno molti tratti positivi, doti, passioni, ma anche debolezze e fragilità. Il loro essere così “umani” li rende affascinanti e complessi quasi quanto il protagonista.
Gli antagonisti così disegnati diventano veri, di conseguenza l’effetto delle loro azioni malvagie diviene molto più potente.
Hannibal Lecter de “Il silenzio degli innocenti” e Magnete di “X-Men” rappresentano esempi calzanti.

Eserczio da divano: Cattivo deriva dal latino “captivus” che significa schiavo. Il cattivo delle storie incarna gli aspetti repressi ed inconsci del protagonista. Funziona come un “proiettore”. Pensa ad una persona che ti sta antipatica e cerca di capirne il perché: la riposta ti sorprenderà.

Se ti va di condividere idee, esperienze, opinioni, scrivici

inviaci un messaggio

Se ti piace, condividilo! 😉

LE LAMENTELE «Certe cose non vanno elaborate ma semplicemente c***te via». PAROLE: Lo spazio per parlare di ciò che ci conturba.


Non so che rapporto avete con la vostra vocina interiore. Gli esperti dicono che ce n’è più di una in realtà, non ho mai capito bene come funzioni il discorso. Quello che so per certo è che in ognuno di noi alberga una vocina distruttrice che si fa sentire nelle più disparate circostanze. È quella che ci scoraggia di fronte alle difficoltà, che ci ricorda i nostri fallimenti, che ci implora di fermarci prima di affrontare qualcosa di nuovo che tanto non ci riusciremo mai a portarla a termine. Ci dice anche che noi siamo buoni a nulla e che è inutile che proviamo a pensare in positivo, che tanto il positivo non esiste. Insomma, a meno che l’unica dissociata non sia io (e vi prego dite la vostra se è così, almeno ne prenderò atto) questa vocina interiore alla fine dei conti non fa altro che lamentarsi. Non le va mai bene niente, è incredibile, sembra una zitella acida, o una suocera frustrata, non le va bene proprio niente!
Che fare? zittirla non si può. A lasciarla cantare spesso e volentieri ci si snerva, perché è vero che alle volte ci si abitua anche al peggiore dei rumori ma quanto è bello, di contro, il silenzio? La pace interiore, bisogna volerla.

Il punto è che la vocina in questione ha paura. È sempre sulla difensiva perché teme che qualcosa possa farla soffrire. È l’eccesso in difetto dell’istinto di sopravvivenza e, in fondo in fondo, le piace lamentarsi, perché si sfoga. Sfoga via tutte le tensione accumulate, specialmente quelle inconsce che trovano voce grazie alla sua. La vocina lamentosa ha un’energia incredibile e a volte fatica a stancarsi, parla parla, ed il più delle volte trova compagnia e fa comunella con le altre vocine lamentose che le stanno attorno. Anche lei sa che l’unione fa la forza. E sa anche che è meglio agire piuttosto che subire perché è una ribelle, se non lo fosse starebbe zitta! La lamentela, difatti, nasce da una condizione di disagio che non si riesce ad accettare. E ciò è un bene, altrimenti non sarebbe possibile l’evoluzione. Ciò che mette in luce la vocina lamentante è assolutamente prezioso perché esprime la necessità di una svolta e la possibilità di attuarla. Se non ci fosse un’alternativa, del resto, la voce non esisterebbe. Che fare quando però diventa insistente e sfianca le nostre energie? Aspettare che si stanchi è un buon metodo. Ciò non risolve del tutto la situazione perché alla prima occasione tornerà a reclamare la nostra attenzione, cercando aiuto: stai attenta, cosa credi di fare, non ne hai le capacità, pensi davvero di poter dire cose sensate, pensi davvero di riuscire a buttar giù cinque righe di fila? Ritirati finché sei tempo, ascolta il mio consiglio! La vocina non tacerà perché anche questa è la sua natura, d’altronde bisogna stare attenti di fronte all’ignoto altrimenti si corre il rischio di fare passi falsi e precipitare nel vuoto.
Bisogna essere istintivi sì, ma abbiamo un cervello ed è necessario usarlo al fine di discernere e ponderare. Da qui la nostra vocina ci vuole fornire il suo aiuto, solo che lo fa in maniera sbagliata. Bene, abbracciamola. Esatto… abbracciamo la nostra vocina interiore lamentosa, del resto ha solo paura e tanto bisogno d’amore. Non è colpa sua se è così, lei lo fa per il nostro bene, lo fa per salvaguardare la nostra identità. Lo fa per metterci di fronte ad un problema, ad una mancanza, ad una frustrazione: che duro compito il suo, dover sempre stare sull’attenti per salvaguardare ogni nostra mossa, ai voglia a lamentarsi, non si diverte mai poverina! Certo un po’ ci sguazza in questo suo ruolo e a volte le sue lamentele sono solo una scusa, del resto è un po’pigra. Ma, come ogni cosa su questa terra, ha solo bisogno di amore.

Certo abbracciare la propria vocina interiore non è facile, ma è proprio questa la sfida. Un metodo valido per tutti non esiste, ognuno deve trovare il suo. Provate dai. Scommetto che la vostra vocina lamentosa sicuramente vi starà dicendo, proprio in questo istante, che non ci riuscirete mai. Ha paura che rimarrà sempre sola e nessuno andrà mai ad abbracciarla… vi fa tenerezza, non è vero?

Se ti piace, condividilo! 😉

L’ANTAGONISTA PARTE UNO: TUTTI VOGLIONO VIAGGIARE IN PRIMA

I PILASTRI DELLO STORYTELLING
L’ANTAGONISTA PARTE UNO: tutti vogliono viaggiare in prima.

Croce e delizia delle storie, per essere precisi di quelle migliori, l’antagonista svolge un paio di funzioni fondamentali.

Procedendo con ordine, scopriamo chi è l’antagonista lasciandoci guidare dal caro, vecchio adagio (nonché regola drammaturgica fondamentale) “Show Don’t tell” , ovvero “Mostra e non dire”. Mostriamo quindi cosa fa un antagonista doc:
1 – non vuole che il protagonista “faccia qualcosa”, ovvero che raggiunga l’obiettivo.
2- vuole la stessa cosa del protagonista e ha più strumenti di lui per arrivarci.

In sostanza l’antagonista è la manifestazione in carne ed ossa delle paure del protagonista, incarna i suoi timori peggiori, è la forza principale che lo blocca e gli si oppone impedendogli di raggiungere l’obiettivo.
Ogni cosa, però, concorre al bene ed è importante considerare un altro motivo per cui il ruolo dell’antagonista è fondamentale: egli infatti, incarnando e creando il conflitto (interno e/o esterno) del protagonista, paradossalmente prepara il terreno adatto a far avvenire il cambiamento. Detto in parole povere l’antagonista è la sfida che permette al protagonista di diventare eroe: più il nostro antagonista è potente, più il nostro protagonista sarà potente.

Esercizio da divano 1: prendi il libro che stai leggendo o il primo film che vedrai a breve e fai caso all’ antagonista: Chi è – che fa – cosa vuole- perché.
Allena lo sguardo e se ti va di condividere le tue opinioni con noi, scrivici!
inviaci un messaggio

Se ti piace, condividilo! 😉

COSTRUIRE IL VOLTO DEL PERSONAGGIO: DIFETTI PREGIATI

3# LEZIONE di “Costruire il volto del personaggio”
Difetti pregiati.

Da un estratto del libro di Michel Faber “Il petalo bianco e il cremisi” in cui l’autore, attraverso gli occhi di William Rackman, ci introduce alla figura di Sugar.

– Buonasera, Mr. Hunt-. La sua voce non è molto femminile, anzi è perfino un po’ roca, ma assolutamente priva di qualsiasi grossolanità che ne riveli la classe.[…]William fissa la donna per cui è venuto, incapace di decidere se l’imperfezione del suo viso lo infastidisca (bocca troppo larga, occhi troppo distanziati, pelle secca, lentiggini) o se sia il più bello che abbia mai visto. Ogni secondo che passa è più vicino a decidersi.
Al suo invito, Sugar si accomoda accanto a lui, in un fruscio crepitante di gonne bagnate e di sudore fresco. Ha corso, a quanto pare, cosa che una donna perbene non farebbe mai, assolutamente mai. Ma il rossore che la corsa le ha fatto salire alle guance è maledettamente attraente e il suo odore è celestiale. Dall’acconciatura elaborata è sfuggito qualche boccolo e alcuni le ricadono sugli occhi. Con un languido movimento della mano guantata li scosta da una parte, oltre le sopracciglia folte […] Il collo, nota William, sporge un bel po’ dall’alto colletto del corpino. Ha il pomo d’Adamo, come un uomo. Sì. adesso ha deciso: è la cosa più bella che abbia mai visto“.

L’identità visiva di Sugar prende forma grazie ai difetti fisici che la caratterizzano: sono le sue imperfezioni che, conferendole una fisionomia particolare, si imprimono nella memoria ed evocano una personalità vivace ed anticonformista. La scelta di portare l’attenzione su dettagli visivi, sonori e olfattivi aggiunge colore alla scena: il risultato è molto più potente di una fotografia.
L’uso dei difetti nella descrizione di un volto può essere molto utile. Anche solo un dettaglio basta a caratterizzare un personaggio rendendolo unico ed indimenticabile, basti pensare al naso di Cyrano de Bergerac,  all’occhio strabico di Mattia Pascal o al gobbo di Notre Dame! I difetti diventano simbolo di condizioni particolari dell’esistenza, rivelano il destino, conferiscono un’anima.

Una nota: Scegliendo di mostrare il personaggio di Sugar attraverso lo sguardo di William, l’autore rivela parte del mondo interiore del protagonista: lo sguardo di chi guarda è fondamentale.

Se ti piace, condividilo! 😉