QUATTRO CHIACCHIERE CON ELIO CRIFÒ

QUATTRO CHIACCHIERE CON ELIO CRIFÒ TEATRO

Elio Crifò è autore, regista e attore che lavora anche per il cinema e la tv con molte esperienze professionali all’attivo.
Abbiamo avuto il piacere di fargli un po’ di domande sul suo essere attore, scrittore e su alcuni dei suoi più recenti spettacoli.

Con lo spettacolo EsotericArte, attualmente in tour, Elio ci accompagna all’interno di un viaggio affascinante nel mondo dell’arte e lo fa con la mente di un archeologo, la curiosità di un bambino e lo sguardo ironico e astuto di chi aspira a riconoscere e cogliere quell’attimo di eternità che ci rende il senso delle cose e che affonda le sue radici nella parte più vera del nostro io, quella invisibile agli occhi ma presente, tangibile e avvolta nel mistero, che ci accomuna tutti.

 

Parlando della sua esperienza drammaturgica e di EsotericArte, il suo lavoro teatrale più recente portato in scena con Vittorio Sgarbi, ecco che cosa Elio Crifò ci ha raccontato:

Ho sempre avuto la voglia di scrivere dei testi coinvolgenti usando una scrittura non ordinaria con cui affrontare temi particolari, definiti, colti, però in modo divertente, ironico, pulp, avvincente, in modo che lo spettatore sia veramente coinvolto. EsotericArte è un viaggio nell’arte del Medioevo, un’esplorazione vera e propria, uno spettacolo fuori da ogni dimensione che si addentra nell’emozione e nel mistero dei simboli. La lectio magistralis è di Vittorio Sgarbi, anche lui interprete sul palcoscenico, che illustra la visione essoterica, mentre io svelo invece la lettura opposta.

 

Cosa significa per te essere un attore e uno scrittore? Sicuramente c’è un lavoro in più visto che si tratta non solo di scrivere ma anche di interpretare ciò che scrivi.

Penso che sia una cosa simile al cantautore. A un certo punto diventa più semplice esprimerti in questo modo, scrivo spettacoli per esprimere me stesso, per cercare di capire il mondo attraverso l’esplorazione dei temi. La scrittura ormai è una delle cose quasi indispensabili: è quello che contiene il contenuto del motivo per cui vai in scena.

Quindi, quando scrivo uno spettacolo per metterlo in scena, sono due cose che ormai lavorano insieme e così viene inevitabilmente un prodotto  più forte rispetto a quando ho partecipato a qualunque altro spettacolo con un testo già dato (che possa essere Pirandello, Shakespeare, Sciascia o quant’altro autore) perché c’è una connessione profonda dalla genesi fino alla nascita davanti al pubblico, dalla gestazione fino al parto.

 

Con il pubblico qual è il tuo rapporto?

I temi che affronto in questo spettacolo vengono posti difficilmente nella quotidianità per cui molti appassionati di esoterismo si avvicinano con l’ansia, l’arsura, di trovare qualcosa di vero nel mondo della cultura che possa affrontare in modo non oscuro i temi chiamati “oscuri” che sono quelli dell’esoterismo. Si affrontano in un modo lineare, semplice, chiaro, ma nello stesso tempo misterioso, creando un linguaggio per tutti, per questo EsotericArte non è solo uno spettacolo colto ma è uno spettacolo per tutti.

 

Com’è stato lavorare con Vittorio Sgarbi?

Inizialmente mi ha detto “Tu sei un pazzo che vieni da me: uno perché l’esoterismo a me non interessa, due il titolo mi fa cagare, tre io sono un produttore”, allora gli ho risposto “Vittorio, guarda questo, intanto te lo leggi ma te lo spiego io”. Gli ho spiegato più o meno tutto quello che c’è e allora ha detto va bene, ma non pensava ci fosse uno bravo. Quando poi l’ha visto a Soverato – dove abbiamo debuttato – ha detto “ah, adesso noi possiamo lavorare insieme”. Il produttore di EsotericArte è calabrese, si chiama Stefano Baldrini.

 

In EsotericArte si affronta il discorso legato all’esoterismo nella musica, infatti hai parlato dei Deep Purple, Genesis, Dream theater, Bach, Beethoven. Ma qual è il tuo pensiero sulla fruizione dell’arte oggi?

Quando guardo un’opera d’arte guardo me stesso, se la capisco e ci riesco a interagire. Un’opera d’arte può essere una sonata di Bach, il duomo di Firenze, può essere un ballo di una ballerina classica.

 

Rispetto allo spettacolo “La classe digerente” di cui sei autore ed interprete, quali sono state le differenze nella scrittura e nell’impatto con il pubblico?

La classe digerente è nato come un format di satira politica durissimo dove sì, si rideva, ma parlando di temi estremi come la trattativa stato-mafia, come lo scandalo degli scarichi nel campano, oppure parlando della Sardegna, di Franco Caddeo, delle armi nucleari che hanno avvelenato per generazioni i sardi. Temi duri, accusatori, facendo nomi e cognomi, attraverso una scrittura divertente, ironica ma che, quando c’è da dare, accusa al massimo senza nascondersi dietro perbenismi borghesi.

 

Hai collaborato con delle scuole per portare agli studenti l’arte facendo anche comprendere la necessità o la volontà di non annoiare, ma forse non siamo ancora educati a guardarla da questo punto di vista?

C’è poca gente educata a fare determinate cose e quindi l’80% di quello che c’è in circolazione sono cose non vere, cose brutte. Quanto vai in Cappella Sistina tutti capiscono che è una grande opera d’arte, non c’è nessuno che dice “che palle sta cosa” ma quando vai a vedere i sacchi di Kounellis il 90% delle persone se non viene informato che sono dei sacchi fatti da Jannis Kounellis non capiscono che è un’opera d’arte e infatti, forse, non lo è. Allora uno pensa che l’arte siano quei sacchi di Kounellis oppure altre cose, mentre l’arte è qualcosa che riguarda te stesso ma se la fai fare a chi non è in grado di farla tu ti allontani e infatti il popolo italiano è lontano dalla cultura.

 

Potresti parlarci del simbolo che ti ha colpito di più mentre svolgevi le ricerche per scrivere il tuo lavoro, di cosa che ti ha incuriosito in maniera particolare, che non ti aspettavi e che vuoi condividere con noi?

Quando ho cominciato a studiare i simboli e ad arrivarci attraverso l’arte e attraverso riproduzioni di artisti e dalle loro biografie, mi si è rivelato un mondo che è fatto di tanti studi, di tante teorie, di tante religioni, tante conoscenze, dall’alchimia alla massoneria, alla religione ebraica.

Tutto ciò che affronti all’interno dell’esoterismo è un discorso spirituale profondamente più elevato rispetto a quella spiritualità da supermarket da discount al quale siamo stati formati dalle organizzazioni cattoliche, le nostre parrocchie, da chi ci ha battezzato, da chi ci ha cresimato. È vissuta in modo talmente inutile e noioso la religione cattolica che molti si allontanano perché la trovano inutile, mentre ancora c’è una parte del mondo esoterico che crea delle domande e dà delle risposte molto profonde molto interessanti e soprattutto non cerca di convertire nessuno.

L’esoterismo mi ha donato delle cose belle, un bel percorso che sto unendo alle arti marziali che ho scoperto sono molto collegate ai simboli esoterici.

Oggi parlare di filosofia, di sociologia, di arte, di emozioni, di provocazioni cognitivo filosofiche, è quasi unico. Tutti “se fa a commedia, bisogna ride, er cabaret…” e vai avanti perché quello c’è e il pubblico vuole e invece non è vero. EsotericArte dimostra che il pubblico non vuole solo quello vuole anche parlare di queste cose.

 

Ultima domanda di rito: la parola a cui sei più affezionato.

Io sono legato alle parole dialettali siciliane nelle quali ho vissuto la mia giovinezza ed è una delle cose più emozionanti per cui “minnicu” è una parola a cui sono legato. In una parte della Sicilia non è altro che una sorta di scroccone di emozioni, di sentimenti, uno scroccone di cene ma è anche un godereccio della vita eccetera, eccetera!

 

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